Livorno: una città di Nazioni

Quando il granduca Pietro Leopoldo, accompagnato dalla consorte Maria Luisa, la mattina del 19 maggio 1766 parte per Livorno da Pisa, dove la nobiltà gli si è stretta intorno nei tre giorni precedenti, è veramente curioso di conoscere quella città, le cui Nazioni hanno promesso feste da favola in suo onore. Sa che Livorno è una città particolare, come gli ha scritto il governatore Filippo Bourbon del Monte fin dal suo arrivo a Firenze, nel settembre dell'anno prima. Il fedele, ma impertinente, governatore gli ha scritto infatti che Livorno crea ricchezza allo Stato grazie alle varie Nazioni estere che vi operano, le quali sono però molto gelose della loro autonomia organizzata e i cui consoli attentano in continuo ai poteri sovrani dello Stato, per cui vanno “gestite” in loco. Pietro Leopoldo, formato al cameralismo e all'accentramento amministrativo austriaco, vede finalmente quella città multietnica e internazionale, ricca di fermenti culturali (nel 1764 è stato pubblicato il Dei Delitti e delle pene), ma profondamente diversa dal cosmopolitismo asburgico che ha messo, o preteso di mettere, da parte le differenze politiche e sociali fra Stati e Nazioni entro i confini imperiali. Le Nazioni estere a Livorno sono ben identificate, e dalla legge Livornina del 1593 discende addirittura il riconoscimento del tribunale ebreo dei massari, un fatto istituzionale inaudito nello Stato moderno, mentre si è affermato un modello di intercultura che mantiene separate le etnie. Nella settimana in cui resterà a Livorno, fra una festa e l'altra, il sovrano comprenderà come il modello di successo di Livorno sia irriducibile al modello riformatore che metterà a punto negli anni successivi nel resto del Granducato, lasciando Livorno alle sue Nazioni estere, che formeranno il dna della città.

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Il porto di Livorno

Nell’ultimo decennio del ‘500 il Granduca Ferdinando I crea le premesse per fare di Livorno la base autosufficiente della marina dei Medici e dell'Ordine di S. Stefano. Grazie ai progetti degli architetti Buontalenti prima e del Cogorano poi, la Darsena assume un nuovo assetto: vengono realizzati uno spazio attrezzato per le operazioni di armamento delle galere, ed una piazza adiacente che avrà il suo punto focale nel monumento detto dei “Quattro mori”.

La varietà delle Nazioni che frequentavano il porto di Livorno è testimoniata anche dalle bandiere, il cui disegno doveva essere trasmesso all'Ufficio del Capitano del Porto. A fine Settecento le provenienze dei bastimenti spazieranno dal Bacino Mediterraneo fino alla Russia, dall'America alla Costa d'Avorio.